Giovanni Battista Maria Falcone

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Sicilia, le rughe del tempo

Giovanni Battista Maria Falcone 

 

Sicilia le rughe del tempo, materia e fotografia in Giovanni B.M. Falcone

 

Testi di A.C. Quintavalle, Electa Milano, 1996 

 

ISBN 88-435-5985-0

 Le immagini di Giovanni Falcone hanno una storia: quella privata, test sovrappositivo del passato sul presente, e l'altra che le collega alla civiltà dell'immagine, É di questa che vorrei parlare. Perché le fotografie di Falcone, queste ma anche le molte altre che conosco, sulla Sicilia e su Malta, sono sempre dense di riferimenti, della consapevolezza che far fotografia vuol dire scavare nel passato per segnare il presente di nuovi valori.
 Dunque è possibile scoprire, dentro le foto di Falcone che sono sempre di qualità altissima, un rapporto con le ricerche di Mimmo Jodice, quelle in una Napoli nascosta fra le polveri dei corridoi, le pareti sconnesse dei depositi, e da dove affiorano, come in un ciclo notissimo sul Suor Orsola Benincasa, i segni di antiche civiltà: il barocco napoletano oppure le campane di vetro per le statuette di casa, le panche scure di chiese dimenticate oppure i frammenti delle cornici e degli arredi che si vengono come decomponendo nell'ombra. Giovanni Falcone ha capito molto altro, per esempio il peso delle ombre nella fotografia di avanguardia, come aveva proposto Moholy Nagy al Bauhaus. E quelle immagini qui si trasformano e diventano diverse grazie a una materia densa, tangibile, quasi a rilievo. Ma restiamo alle -fonti-, ai modelli e alla loro trasformazione. Scorrendo queste immagini ecco un nudo su un parallelepipedo, come a dire un omaggio a Marcel Duchamp, ma dove trovi anche un'atmosfera sospesa, quasi metafisica. E colpiscono poi, nelle sequenze, questi ritratti, figure viste da vicino dove le rughe si fanno reticolo e i profili combattono col nero del fondo; figure che escono da tempi molto lontani, sopra tutto dal realismo ottocentesco francese.
 É come se Nadar e i suoi seguaci si fossero dati appuntamento su questi fogli.
E sarà ora adesso di cercare di capire come e perché Falcone abbia qui costruito delle foto dense di storia, ma anche diverse dalle immagini cui pure fanno sottilmente riferimento, trasformandole, si è detto, ripensandole. Ecco, mi sembra che prima di tutto sia proprio il tempo della lettura e la materia a differenziare le scelte di Falcone.

 

 Il tempo è lento: esce da queste fotografie l'idea di una Sicilia dove i rapporti fra le persone durano entro spazi perimetrati, quasi segreti; e dove la luce pesa meno nettamente che in certe indagini fotografiche precedenti, perché oggi Falcone utilizza una materia in apparenza più sensibile, certo più spessa e accattivante, cioè una carta di particolare, fisica densità.
Falcone non vuole scegliere uno stile delle avanguardie del passato, il suo modo di vedere la Sicilia oggi è infatti diverso da qualche anno fa. Falcone vuole leggere la Sicilia con l'occhio della memoria, e per questo scopre gli interni, scopre i dialoghi muti delle persone, scopre la solitudine dei materiali, cosi ecco lo schermo di pietra dei muri, i pavimenti solcati da una canna su una striscia di rena, le aperture di una parete che sembrano un quadro neoplastico. E alla fine scopri come mai la chiave di lettura di queste foto sia la memoria, o meglio la presenza delle immagini dentro la memoria: e perché questa carta da stampa un poco giallina, le riprese dal realismo, tutto tende a ricondurci a un'atmosfera diversa. Le figure di antichi affetti che ritrova in nuovi volti, ma anche gli spazi e le dimensioni di questi affetti.    Dunque questo rapporto con la Sicilia muove da spazi vicini e certi, la stanza e gli intonaci come di casa, e poi, fuori, luoghi appena intravisti, comunque delimitati. E su tutto le rughe del tempo, sui volti e sulle cose.

Da Sicilia le rughe del tempo, Arturo Carlo Quintavalle, Parma 1996

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